22/03/2017 - Articoli, Notizie
Could 3D printing help tackle poverty and plastic waste? Articolo del Guardian (parte I)


Vi proponiamo un interessante articolo del Guardian tradotto e commentato dallo staff di Scuola di robotica.
Quando Sidhant Pai ha visitato la discarica locale nella città di Pune, in India, è rimasto colpito soprattutto dalle dimensioni e dall’intensità delle operazioni che vi si svolgevano. Grossi corvi neri che volteggiano sopra le teste, maiali che vagano, odori travolgenti e i raccoglitori di rifiuti che accumulano bottiglie di plastica in grossi sacchi bianchi.
Ci sono circa 15 milioni di persone nel mondo che vivono raccogliendo rifiuti e molti di loro guadagnano meno di 1 $ al giorno. La chiave del problema, dice l’ingegnere ambientale Pai, è che questi lavoratori catturano solo una piccola porzione del valore dei rifiuti che raccolgono, separano e trasportano ai concessionari di rottami.
Insieme ai suoi genitori, Suchismita e Jayant Pai, Sidhant ha fondato nel 2012 l’impresa sociale Protoprint, un’organizzazione che prova ad affrontare la doppia sfida delle condizioni di povertà dei raccoglitori di rifiuti e dell’inquinamento causato dalla plastica.
Più di 300.000 tonnellate di plastica vengono prodotte a livello globale e di queste una consistente fetta finisce in mare, in discarica o nelle strade. “Il nostro obiettivo era quello di cercare diverse strade per aggiungere valore ai rifiuti ma eravamo agnostici riguardo al prodotto specifico” dice Pai. Dopo aver sperimentato diverse strategie su alcuni prodotti Protoprint ha optato per trasformare la plastica in “inchiostro” per stampanti 3d. “Si aggiunge un notevole valore alla plastica scartata pur essendo un lavoro relativamente di semplice realizzazione”. Insieme a SWaCH, una cooperativa di Pune interamente controllata dai raccoglitori, Protoprint ha creato un impianto di produzione di filamenti a basso costo in una discarica locale per convertire rifiuti di plastica - soprattutto high-density polyethylene (HPDE) - in filamento per stampanti 3d che poi viene venduto a società internazionali di stampa 3d.
Protoprint acquista il filamento da SWaCH per 300 rupie al Kg - se i raccoglitori di rifiuti vendessero la plastica direttamente ai commercianti di rottami riceverebbero circa 19 rupie al chilo, continua Pai. “Dopo il factoring (il factoring è un contratto con il quale un soggetto (la società di factoring) fornisce ad un'impresa un insieme di servizi che riguardano la gestione e l'amministrazione dei suoi crediti, anche futuri, ndr), i costi di produzione e le altre spese varie si può ancora moltiplicare da sei a otto volte un chilo di filamento.
Il mercato del filamento, la maggior parte del quale è composto da plastica vergine, sta crescendo rapidamente. Un rapporto di un analista di mercato dice che il valore di questo materiale crescerà del 266% nei prossimi cinque anni per arrivare a valere 1,7 milioni di sterline entro il 2021.
La maggior parte dei costi deriva dalla produzione e dall’esportazione, spiega William Hoyle, CEO di TechforTrade. L’ente benefico britannico lavora per promuovere e standardizzare un modo etico per creare il filamento dalla plastica raccolta dalle discariche. “Il filamento ‘etico’ sarò più conveniente da comprare rispetto a quello commerciale” - racconta Hoyle - “perchè il costo dei rifiuti, delle risorse e della produzione sono più bassi nei paesi in via di sviluppo”.
“Lo standard ‘ethical filament’ è aperto” - prosegue Hoyle - “Il processo di certificazione avviene in due modi: in primo luogo viene fatta la valutazione ambientale, sociale ed economica che viene eseguita dall’organizzazione che raccoglie i rifiuti. In secondo luogo viene valutato lo standard di qualità tecnica da una terza parte indipendente e, attualmente, abbiamo una trattativa con un perito specializzato per svolgere questo lavoro.”
Articolo di Lu-Hai Liang and Laura Paddison; Traduzione a cura di Gianluca Pedemonte
Se siete interessati all'argomento potete trovare la versione integrale qui.